«Sei sempre così?».
«Gli uomini come te mi hanno fatto diventare la donna che sono».
«E quelle come te mi hanno fatto concludere che tutte le donne sono come te».
Sono Michelle Pfeiffer e George Clooney in Un giorno per caso.
Parlare come nei film! Quanto sarebbe bello!
La battuta sempre pronta.
Il ritmo perfetto.
Ma è un’arte difficile nella realtà. Ce ne accorgiamo ogni volta che abbiamo una discussione, che non abbiamo saputo rispondere a tono e ci mangiamo le mani perché la cosa perfetta da dire ci viene in mente ore dopo, mentre siamo in palestra o stiamo caricando la lavastoviglie.
Audrey Hepburn che dice: «Mi chiamo Regina Lambert».
E Cary Grant che fa: «Ah, esiste un signor Lambert?».
«Sì».
«Congratulazioni».
«Non c’è di che, sto per divorziare».
«La prego, se è per me non lo faccia».
È un dialogo di Sciarada, grande commedia di qualche decennio fa.
Il dialogo. Sua maestà il dialogo. Forse la cosa più difficile in narrativa!
Come al solito l’imperativo per imparare è leggere! Guardare film! Studiare come li scrivono gli altri, i dialoghi.
Qualche consiglio su libri e autori dai dialoghi che spaccano:
Salinger era un dialoghista eccezionale: i botta e risposta in Franny e Zoe sono una meraviglia.
Wodehouse, se siete interessati al registro brillante in salsa british.
Il romanzo conversazione di Alberto Arbasino, Fratelli d’Italia. Grande palestra!
Un autore che adoro, Giuseppe Pontiggia, nei dialoghi era un maestro: leggete la Grande sera:
«Non ti riconosco, non so più chi sei», dice la moglie. «È il destino delle coppie che durano», ribatte il marito.
Un’enciclopedia sul rapporto di coppia in due battute.
Usatela, quando litigate. Serve anche a questo, no? Leggere, dico.